Questo articolo parla delle orchidee in natura, di come crescono spontanee in quasi tutto il mondo e come si sono adattate ad habitat così diversi tra loro.
Il mondo delle orchidaceae è enorme, per intenderci, le specie di orchidee selvatiche sono 4 volte di più rispetto a tutte le specie di animali mammiferi del mondo.
É strano come, nonostante la famiglia di queste piante sia così grande, se si menziona la parola “orchidea” a 10 persone, per 9 di loro tutto si riduce alle Phalaenopsis. Come ne esistesse solo una.
Le Orchidaceae
Le Orchideace sono una vastissima famiglia di piante monocotiledoni fiorite, conosciute in tutto il mondo per i loro fiori tipicamente colorati e/o profumati.
Questa famiglia conta più di 30,000 specie, suddivise in 763 generi, tutt’oggi in continuo cambiamento a causa della complessità nel determinare quale specie appartenga ad un genere piuttosto che ad un altro.
I generi di orchidee più ampi sono:
- Bulbophyllum (con oltre 2000 specie).
- Epidendrum (oltre 1500 specie).
- Dendrobium (più di 1400 specie).
- etc.
A questi si aggiungono decine (se non centinaia) di migliaia di ibridi, per lo più di Phalaenopsis, Cambria e Odontoglossum oltre a ibridi intergenerici.
Diffusione delle orchidee in natura
La famiglia delle orchidee (Orchidaceae) è la seconda famiglia di piante fiorite più diffusa al mondo dopo le Asteraceae. Le si può trovare sparse in tutto il mondo, fatta eccezione per le aree glaciali.
Oltre 20000 specie di orchidee selvatiche crescono solamente nelle aree tropicali e subtropicali, tipicamente nelle foreste pluviali o ai loro margini. Qui troviamo praticamente tutte le specie epifite o litofite conosciute.
In Europa e nell’Asia temperata si contano circa 50 generi (29 dei quali anche in Italia che vedremo tra poco) e 25 nel Nord America. Le orchidee che troviamo in queste zone sono tutte terricole e quasi sempre geofite, cioè sopravvivono all’inverno grazie a rizomi e pseudobulbi sotterranei che rimangono vivi nel suolo mentre la parte aerea della pianta muore.
Adattamento all’ambiente
Essendosi diffuse in quasi tutto il mondo, in condizioni ambientali molto diverse tra loro, le orchidaceae ha dovuto evolversi diversamente. Per questo troviamo orchidee epifite, litofite e terrestri, oltre che piante a sviluppo monopodiale e simpodiale (con o senza pseudobulbi).
In base alle aree geografiche in cui crescono spontanee anche il comportamento di queste piante può cambiare molto. Per esempio, la Phalaenopsis e la Vanda sono piante a crescita continua, mentre l’Epidendrum (e tantissime altre orchidee) entrano in riposo invernale. Oppure alcune specie fioriscono indipendentemente dai fattori climatici o di luce, mentre il Dendrobium Nobile solamente dopo un periodo fresco.
La famiglia delle Orchidaceae è così ampia che diventa difficile menzionare tutte le modalità di adattamento che le singole specie hanno adottato per ambientarsi al ambiente in cui vivono.
Ciò che possiamo fare però, è suddividerle in base a dove crescono in natura, cioè se crescono in terra, su roccia o sugli alberi.
Orchidee terrestri
Le orchidee terrestri sono diffuse in quasi tutto il mondo, dai tropici fino al Nord ameria e Nord Europa. Sono soprattutto piante a sviluppo simpodiale che crescono lungo un rizoma sotterraneo, dai quali si sviluppano pseudobulbi che possono crescere dentro o fuori dal suolo.
Il rizoma e gli pseudobulbi (o anche bulbi e tuberi in alcuni casi) permettono alle orchidee terrestri di immagazzinare acqua ed energia sufficiente per superare durante l’inverno, o per far contro a brevi periodi secchi.
Nei climi temperati, dove si trovano solo specie terrestri, le orchidee sopravvivono all’inverno sacrificando la parte aerea, mentre la parte interrata della pianta rimane dormiente finché le condizioni climatiche non tornano ad essere adeguate alla loro crescita. Un po’ come fanno i bulbi di tulipano per capirci.
Orchidee epifite
Le orchidee epifite sono piante che nel loro habitat naturale crescono sugli alberi, aggrappate alla corteccia o ai rami grazie alle loro radici. Sono originarie delle aree tropicali e subtropicali, tipicamente nelle foreste o ai loro margini.
Vivendo nella foresta, con alberi alti e vegetazione molto fitta, queste orchidee hanno dovuto trovare un escamotage per riuscire a ricevere più luce. Il loro apparato radicale aeree si è evoluto per riuscire a sopravvivere fuori dal suolo.
Le radici delle piante terrestri, sono completamente ricoperte di peli radicali in grado di assorbire l’acqua dagli interstizi del terreno. Questi peli e gli apici radicali di queste piante muoiono se ricevono luce.
Nelle orchidee epifite invece, l’apparato radicale non è solo in grado di resistere alla luce, ma è ricco di cloroplasti che lo rende anche in grado di fare fotosintesi.
Inoltre, rimanendo costantemente esposte all’aria, le radici di queste piante hanno sviluppato una membrana protettiva (costituita da cellule morte) che li permette di resistere meglio alla disidratazione.
Questa membrana spugnosa è chiamata velamen e ricopre interamente le radici escludendo solo gli apici. Il velamen ha un colore bianco o grigio argenteo quando è asciutto, mentre diventa semi trasparente quando è bagnato, lasciando così intravedere il colore verde dello strato sottostante (costituito dal’ exoderma, corteccia e endoderma).
Da qui il classico colore verde delle radici umide e grigio di quelle asciutte, utilizzato come indicatore per capire quando innaffiare le Phalaenopsis.
In base alla quantità di luce di cui hanno bisogno, in natura le orchidee epifite hanno trovato il loro spazio ad altezza diversa. La Vanda per esempio, si trova sui rami più alti e illuminati, dove la vegetazione è più rada o ai margini della foresta. L’orchidea Falena invece cresce sui rami bassi o a mezza altezza, dove la luce è più diffusa.
Orchidee litofite
Le orchidee litofite crescono sulle rocce, solitamente ai margini delle foreste o sugli altopiani delle zone subtropicali. Molte specie litofite non sono altro che piante epifite o terrestri che sono riuscite ad ambientarsi per vivere su substrati rocciosi, spesso più illuminati rispetto alle zone con vegetazione più fitta.
Modalità di sviluppo
Oltre a distinguere le orchidee in base a dove crescono nel loro habitat naturale, possiamo suddividerle in altri due gruppi a seconda del loro pattern di crescita. Mentre la famosissima Phalaenopsis cresce lungo un fusto centrale come la maggior parte delle piante “tradizionali” a cui siamo abituati, la maggior parte delle Orchidacea si sviluppa in orizzontale lungo un rizoma.
Queste due modalità di crescita prendono il nome di sviluppo monopodiale e simpodiale, vediamoli un attimo insieme.
Orchidee monopodiali
Anche se le orchidee a sviluppo monopodiale sono le più note, grazie alla fama della Phalaenopsis, costituiscono in realtà solo una piccola parte della grande famiglia delle orchidaceae. Queste piante si sviluppano in altezza, seguendo la direzione del fusto, con le foglie che crescono alternandosi l’una all’altra prima da un lato poi dall’altro.
Le radici e gli steli floreale crescono direttamente dal fusto, tra le ascelle fogliari.
Le orchidee monopodiali non hanno un rizoma, ne pseudobulbi che possono immagazzinare acqua ma si sostiene che abbiano la capacità di immagazzinare acqua all’interno delle radici e foglie carnose.
Orchidee simpodiali
Le orchidee simpodiali sono piante a sviluppo orizzontale, che crescono lungo un rizoma che collega gli pseudobulbi e i nuovi getti l’uno all’altro. Gli pseudobulbi crescono paralleli e sono uno l’esatta copia di quello precedente (salvo che la pianta non sia ancora giovane). L’orchidea continua a produrne di nuovi, man mano che quelli più vecchi si spogliano del fogliame e muoiono.
In questo modo, la pianta convoglia l’energia e mantiene vitali i nuovi getti e gli pseudobulbi più giovani, mentre quelli più vecchi accumulano acqua e linfa di scorta.
Gli pseudobulbi sono degli organi di accumulo tipici delle orchidee, con uno o più internodi sui quali crescono le foglie.
Nel Dendrobium Nobile ad esempio, gli pseudobulbi (che prendono il nome di canne) sono cilindrici e allungati, hanno numerose foglie e ricordano la struttura di un fusto, mentre i Bulbophyllum hanno pseudobulbi e tondi e cicciotti da cui parte una sola foglia.
Anatomia delle orchidee
A seconda della tipologia di sviluppo, l’anatomia delle orchidee può cambiare, ma alcune caratteristiche rimangono comuni a tutte.
Fiore
I fiori delle orchidee sono sicuramente la caratteristica che le ha rese così famose. Che sia per il loro colore, la loro grandezza o la durata della fioritura, queste piante hanno letteralmente “colonizzato” le case di tutto il mondo.
L’anatomia del fiore di orchidea è caratterizzata da:
- 2 sepali laterali,
- 1 sepalo dorsale,
- 2 petali,
- 1 labello,
- 1 colonna o gimnostemio, che ospita sulla punta le antere (l’apice dello stame, l’organo riproduttivo maschile) su cui crescono i pollinoidi e sotto alla quale, separati dal rostello, troviamo lo stigma (l’organo femminile).
Esistono rari casi, in cui a causa di mutazioni genetiche o stress ambientale i fiori delle orchidee crescono diversamente. Solitamente la pianta produce fiori senza petali e con tre labelli. Molto affascinanti.
In questi casi si parla di orchidee peloriche e la mutazione può limitarsi ad una sola fioritura o a persistere negli anni, dipende se il fattore che l’ha scatenata è ambientale o genetico.
Fusto
Il fusto delle orchidaceae può assumere forme diverse a seconda che si tratti di orchidee monopodiali o simpodiali. Nel primo caso, si parla di un vero e proprio fusto centrale, che parte dal colletto fino al apice della pianta. Nel caso di piante simpodiali invece, il fusto centrale è sostituito dal rizoma, da cui partono le radici e lungo il quale crescono gli pseudobulbi.
A seconda della specie, i nuovi getti crescono uno o più per volta dai punti di crescita del rizoma, solitamente situati vicino agli ultimi pseudobulbi giunti a maturazione.
Foglie
Le foglie delle orchidee sono molto diverse l’una dall’altra, a seconda dell’habitat naturale in cui crescono. Possono avere forma ovale, lanceolata o orbicolare e di dimensione molto variabile.
La loro struttura varia in base alle condizioni ambientali in cui crescono le rispettive specie, così come la durata della loro vita.
Per esempio, la Vanda, che cresce in zone tropicali ben soleggiate, ha foglie perenni, spesse e ricoperte da una spessa cuticola che le permette di resistere al sole e alla disidratazione.
Il Cypripedium (che cresce anche nelle nostre zone) invece ha foglie più fini, allungate e con diverse nervature che appassiscono in autunno.
Anche la colorazione delle foglie può variare molto da specie a specie, se nella maggior parte delle orchidee il fogliame è verde chiaro, ci sono generi con foglie considerate ornamentali, come le orchidee gioiello, alcuni Paphiopedilum da caldo o la Phalaenopsis Shilleriana.
Radici
Come puoi immaginare, anche le radici delle orchidee possono assumere aspetti molto diversi. Se nelle specie epifite troviamo radici spesse e verdi, ricoperte da velamen, quelle delle orchidee terrestri sono solitamente bianche e fini.
Anche qui però troviamo delle eccezioni, come il Cymbidium o il Paphiopedilum, che vengono considerate orchidee terrestri ma che hanno radici spesse e di colore diverso tra loro.
Riproduzione delle orchidee in natura
Le orchidee in natura si possono riprodurre in modo sessuato o asessuato. Nel primo caso si stratta dell’impollinazione dei fiori per la produzione di semi, mentre nel secondo caso la riproduzione avviene per agamia, dove la pianta produce uno o più discendenti che costituiscono dei cloni identici alla madre.
In natura, la riproduzione da seme ha dei grossi vantaggi, perché permette di “rimescolare” i geni di una o più piante con l’obiettivo di garantire diversità e una maggiore adattabilità della prole all’habitat circostante.
Lo scopo dell’orchidea è sempre quello di riprodursi da fiore, tuttavia ci sono delle circostanze in cui può esserle conveniente riprodursi per agamia, producendo un keiki identico a se stessa.
Un esempio può essere quello di un’orchidea che “percepisce” di trovarsi in una posizione perfetta per la sua crescita, oppure quello di una in fin di vita che non ha modo di portare a termine la riproduzione da seme (che comporta molto più tempo). Due dinamiche opposte che mandano un segnale ormonale alla pianta che reagisce producendo un clone di se stessa.
Vediamo i due metodi di riproduzione più nel dettaglio
Seme (riproduzione sessuata)
In natura le riproduzione delle orchidee è molto affascinante e complessa al tempo stesso. Il fiore di ciascuna specie è concepito per attrarre specifici insetti impollinatori, grazie alla forma, al profumo che rilascia e a particolare meccanismi che madre natura gli ha dato.
Specie dello stesso genere possono spesso impollinare, o essere impollinate, altre piante appartenenti allo stesso gruppo. In alcuni casi anche orchidee appartenenti a generi diversi.
Una volta impollinata, l’orchidea produce una capsula alla base del fiore, che una volta giunta a maturazione può contenere da diverse migliaia fino ad alcuni milioni di semi, così piccoli da non contenere nutrimento al loro interno.
Per quanto il meccanismo di impollinazione delle orchidee in natura sia molto affascinante, lo è ancor di più il processo di germinazione dei semi.
La germinazione in natura avviene grazie alla simbiosi con dei funghi, che nutrendosi di carboidrati e sostanze azotate rilasciano zuccheri necessari ai semi delle orchidee per germinare e crescere nella fase iniziale.
Questa complessa interazione tra il seme/germoglio e questi funghi ha reso molto difficoltosa la riproduzione delle orchidee in serra, finché il dottor Lewis Knudson (dell’università di Cornell negli USA) non ha scoperto che la funzione dei funghi poteva essere sostituita da un mix di Agar (una particolare gelatina), zucchero e sostanze nutritive.
Questo metodo viene chiamato Asimbiotico e avviene all’interno di apposite beute sterilizzate e sigillate in modo che i semi rimangano nelle giuste condizioni climatiche e indisturbati da patogeni e parassiti.
Keiki (riproduzione asessuata)
La riproduzione da keiki, è un tipo di riproduzione agamica (o asessuata) tipica di alcune orchidee, in cui la pianta produce da una o più gemme dormienti una piantina che è la sua esatta copia. A livello genetico, il keiki e la pianta madre hanno gli stessi identici geni.
Al di la delle circostanze ambientali e di salute, la probabilità che un’orchidea si riproduca per agamia è legato soprattutto a questioni genetiche. Alcune sono semplicemente più propense di altre.
In linea teorica, più nodi (e quindi gemme) la pianta ha, maggiore è la probabilità che possa riprodursi in modo asessuato.
La Phalaenopsis ad esempio, produce numerosi nodi anche sugli steli, sui quali possono crescere dei keiki detti “comuni”. Anche il Dendrobium Nobile, tende a produrre molti keiki dai nodi dormienti situati lungo le canne.
I keiki basali invece, sono quelli che crescono alla base del fusto, molto comuni nella Vanda e nell’orchidea Falena.
Come abbiamo accennato poco fa, lo scopo delle orchidee in natura è sempre quello di riprodursi da seme, perché garantisce una maggiore diversità genetica e adattabilità all’ambiente in costante mutamento. Ci sono circostanze però, in cui la pianta ritiene conveniente produrre una nuova piantina, allo scopo di aumentare le sue probabilità di sopravvivenza o di essere impollinata.
Solitamente i casi sono:
- Habitat o posizione favorevole: l’orchidea si trova un posto perfetto per le sue necessità e il modo migliore per produrre più fiori (e di conseguenza semi) è quello di creare un clone che possa crescere e fiorire nelle stesse circostanze ottimali.
Così come la pianta madre cresce e fiorisce rigogliosa, anche la sua esatta copia lo farà. - Condizioni di salute sfavorevoli: se l’orchidea è sofferente o non è in grado di fiorire, può produrre dei keiki nell’intento di sopravvivere o aumentare le probabilità di fiorire in futuro. Due esempio possono essere una Phalaenopsis con stelo apicale o marciume apicale, oppure un Dendrobium Nobile che produce dei Keiki perché le condizioni ambientali non sono favorevoli alla fioritura.
Le orchidee selvatiche Italiane
In Italia si trovano 190 specie e sottospecie di orchidee spontanee raggruppate in 29 generi, che crescono selvatiche sull’intero territorio. Le si trova solitamente nelle praterie e sui terreni pianeggianti, distribuite in zone climatiche molto differenti tra loro.
Le orchidee selvatiche italiane sono piante terrestri, geofite che hanno bisogno di un periodo di riposo invernale, fatta eccezione per tre sole specie.
Sono piante rizomatose, con bulbi, tuberi o pseudobulbi che sopravvivono all’inverno spogliandosi della parte aerea e mantenendo vivi questi organi sotto terra.
In primavera, quando le condizioni climatiche sono nuovamente favorevoli, le orchidee rustiche tornano a produrre nuove foglie e successivamente a fiorire.
Tra le tante specie di orchidee che crescono spontanee in Italia, ne troviamo tre che sono considerate piante epifite e che crescono sui muschi e nelle torbiere. Queste specie sono:
- Liparis loeselii,
- Malaxis paludosa,
- Spiranthes aestivalis.
Tra i generi di orchidee terrestri più noti che crescono sul nostro territorio troviamo:
- Anacamtis,
- Cypripedium (orchidea selvatica nota anche come Scarpetta di venere e appartenente allo stesso gruppo del Paphiopedilum).
- Dactylorhiza,
- Himantoglossum,
- Limodorum,
- Ophrys,
- Orchis,
- Spiranthes,
- e tante altre (29 in totale).
Orchidee tropicali e subtropicali
Nonostante le orchidee possano essere considerate cosmopolite, la grossa maggioranza delle specie in natura si trova nelle regioni tropicali e subtropicali. Sono oltre 20,000 le orchidee tropicale che abitano queste aree e proprio in queste aree troviamo quasi la totalità delle specie epifite.
Orchidea Phalaenopsis in natura
La Phalenopsis sono orchidee originarie delle Sud-est asiatico, delle Filippine e dell’australia. Sebbene la maggior parte di queste piante sia epifita e cresce sui rami bassi degli alberi, in natura le si può trovare anche su terreni ariosi come l’humus o la corteccia in decomposizione, spesso nei pressi di fiumi o ruscelli.
Nel loro habitat naturale, le Phalaenopsis rimangono al riparo dal sole diretto, che viene schermato dalle foglie degli alberi sempreverdi delle foreste.
Il tasso di umidità e la temperatura sono elevati durante tutto l’arco dell’anno, in particolar modo durante la stagione delle piogge. Vicino ai torrenti, che creano dei varchi nella fitta vegetazione, queste orchidee rimangono esposte a leggere correnti d’aria giorno e notte.
Orchidea Vanda in natura
La Vanda (conosciuta anche come orchidea aerea) è un’orchidea originaria delle zone tropicali dell’asia, in particolare della Cina, India, Indonesia e Malaysia, ma può essere trovata anche in Australia.
Queste orchidee sono piante epifite, che in natura crescono aggrappate alla corteccia dei rami alti degli alberi, dove la luce è intensa e l’aria soffia libera tra le chiome.
Le radici aeree di questa pianta sono lunghe e imponenti e le permettono di assorbire acqua dalla corteccia umida, dai muschi che crescono sugli alberi e dall’aria circostante.
Per riuscire ad attrarre gli insetti impollinatori, la Vanda ha sviluppato dei fiori grossi e colorati, tra i più vivaci nel mondo delle orchidee selvatiche (o botaniche).
Dendrobium Nobile in natura
Il Dendrobium Nobile è un’orchidea epifita originaria del Nepal, dell’India e della Cina meridionale. Queste zone sono caratterizzate da un clima tropicale-monsonico, con due stagioni, quella delle piogge e quella fredda.
Durante la stagione delle piogge, che va da giugno a settembre, l’asia meridionale viene colpita dai monsoni, che la rendono estremamente piovosa, umida e calda.
In questo periodo il Dendrobium Nobile cresce, sui rami di alberi a foglia decidua, riparato dalle loro folte chiome.
Con l’arrivo della stagione fresca, le temperature calano parecchio e gli alberi su cui queste orchidee crescono si spogliano dalle foglie. Il clima diventa molto più asciutto e sia l’umidità che le piogge calano. Questo periodo freddo e asciutto che incontra in natura è determinante per la fioritura del D. Nobile, che altrimenti svilupperebbe nuove canne e keiki invece che boccioli e fiori.
Conclusioni
Le orchidee sono circondate da un velo di fascino che le separa dalle altre piante, c’è un motivo se ogni anno sempre più persone se ne innamorano e si appassionano a loro.
Sono piante sofisticate, e non solo nell’aspetto ma in tutto ciò che le circonda.
É come se madre natura avesse riposto particolari attenzioni in loro. Pensa ai complessi meccanismi di impollinazione o a come i loro semi germinino solamente in simbiosi con altri organismi.
C’è così tanto da raccontare sulle orchidee selvatiche che crescono in natura che ci si potrebbe scrivere un libro. Anzi, ne son già stati scritti tanti a riguardo.
Un post non basta per parlare di tutto, oggi ho voluto concentrarmi sulle caratteristiche principali di queste piante, sull’anatomia dei fiori che li contraddistinguono, il modo in cui crescono e come si sono adattate al habitat in cui vivono. In futuro sicuramente scriverò ancora a riguardo, perché l’argomento è molto interessante e vasta.